Allora per gentile concessione dell'editore (Editrice Custom) vi riporto il primo dei due articoli scritti tempo fa proprio su queste meravigliose automobili. Invito tutti comunque ad acquistare in edicola il periodico
Cruisin' che è attualmente il riferimento per il motorismo americano in italia. Vi si trovano tantissimi articoli ricchi di riferimenti storici e tecnologici che aiutano noi appassionati a capire uno dei fenomeni più importanti della storia dell'automobile.
Iniziamo con un preambolo storico per poi passare ad una splendida Hornet Convertible Brougham del 1951:
Fino all'uscita nelle sale del film “Cars” La Hudson era una casa automobilistica pressoché sconosciuta in Europa ed ancor più in Italia. Tranne agli appassionati di motorismo americano, il nome Hornet non diceva nulla, se non la traduzione letterale di calabrone o vespa dall'inglese. Invece, nella pellicola della Disney-Pixar, divenne impossibile non notare il medico “Doc Hudson” (doppiato nientemeno che da Paul Newman, ndr): sotto le sembianze di una classica e compassata “2-door” si nascondeva un'anima corsaiola che stravinceva nel circuito NASCAR.
La storia della Hudson ha origini molto antiche: la società venne registrata nel 1909 e le prime automobili prodotte l'anno successivo. Tra i suoi soci fondatori vi era anche un certo Joseph Hudson, imprenditore e principale finanziatore da cui prese il nome. Le vendite furono fin da subito incoraggianti, conferendo alla compagnia un certo successo nella produzione di automobili economiche.
Alcune innovazioni che oggi diremmo banali, vennero introdotte proprio sulle Hudson: la prima e più eclatante, fu l'installazione dei freni su entrambi gli assali quando la maggior parte delle auto li aveva solo su quello posteriore. Seguirono il manometro della pressione olio montato sul cruscotto, la spia della dinamo e l'albero motore perfettamente bilanciato. Fu quest'ultima innovazione a permettere di raggiungere alti regimi di rotazione senza vibrazioni anche con motori pluricilindrici come il 6 in linea, che divenne presto il tratto distintivo della produzione Hudson.
Subito dopo la guerra, nel 1948, la Hudson presentò l'innovativa piattaforma “step down” per tutta la gamma. Si trattava di una vera e propria rivoluzione nel concepire la costruzione di un'automobile: fino a quel momento, lo schema tradizionale prevedeva una carrozzeria appoggiata al telaio portante. La soluzione era semplice ed economica ma l'effetto era quello di un baricentro alto e le automobili risultavano spesso molto sviluppate in altezza. La nuova Commodore del 1948 invece presentava il pavimento imbullonato sotto ad un robusto telaio perimetrale attorno al quale erano fissati gli altri pannelli della carrozzeria. Una sorta di “monoscocca” ante litteram che permetteva di abbassare il baricentro, rendere l'abitacolo più sicuro e consentire linee tese e profilate, di chiara ispirazione aeronautica. Si può dire metaforicamente che i passeggeri di una Hudson Commodore “scendevano” in auto invece di salire, tanta era la differenza di altezza con un modello 1947.
I pregi di tale soluzione furono così evidenti che anche le Tre Grandi di Detroit (Ford, GM e Chrysler) non stettero a guardare e iniziarono gradualmente ad abbassare il centro di gravità delle automobili, proponendo telai ribassati e carrozzerie integrate, pur senza replicare integralmente il progetto Hudson.
Intuito il potenziale sportivo del telaio, anche il famoso propulsore Super Six venne ulteriormente sviluppato: grazie ad un collettore di aspirazione sdoppiato con due carburatori e un rapporto di compressione aumentato, il silenzioso ed affidabile sei cilindri a valvole laterali da circa 5 litri (308 c.i.), si trasformava in una belva da 170 Hp pronta a dettare legge sugli ovali di tutti gli Stati Uniti.
Le Hornet costruite a partire dal 1951 divennero ben presto le auto da battere, grazie al fatto di essere automobili molto ben costruite, con un'ottima tenuta di strada e con un motore davvero potente. Piloti del calibro di Herb Thomas e Marshall Teague portarono le “Fabulous Hornet” ai vertici delle classifiche NASCAR dei primi anni '50, grazie anche al supporto ufficiale della Casa che credeva molto nelle corse come incentivo alle vendite.
Introdotta nel 1951 e caratterizzata dalla carrozzeria “step down” come la più grande Commodore, la Hornet è senza dubbio un'auto moderna per il suo tempo. La soluzione costruttiva all'avanguardia, il peso relativamente ridotto e una dinamica di guida sorprendente, fanno passare in secondo piano il fatto che l'unico motore disponibile sia un sei cilindri a valvole laterali, derivato da un progetto anteguerra. La concorrenza propone ormai il motore V8 su quasi tutta la produzione, rendendolo disponibile come optional anche per i modelli entry-level. La direzione tecnica della Hudson invece confida ancora in questo tradizionale progetto, forte della naturale assenza di vibrazioni insita nei sei cilindri in linea e presenta una versione denominata H145 con rapporto di compressione aumentato, testa in alluminio, carburatore Carter WGD e diverse migliorie tecniche per una potenza di 145 Hp. Ma non è tutto: nel 1951 viene reso disponibile, dapprima come aftermarket poi dalla rete ufficiale, un particolare collettore di aspirazione con due carburatori monocorpo Carter WA-1 che migliorano l'afflusso della miscela. La potenza erogata è di 160 Hp che diventeranno 170 nel 1954. La stupenda Convertible Brougham del 1951 protagonista del nostro servizio monta proprio uno di questi collettori, denominati “Twin H Power” e permette di abbinare potenza e lusso in una combinazione difficilmente eguagliabile. Se aggiungiamo le doti di guidabilità, abbiamo la convertibile perfetta. Pensiamo per un attimo alle concorrenti nel 1951: Ford e Chevrolet sembrano auto di prima della guerra con qualche modifica estetica. Solo la Mercury si avvicina alle linee basse e filanti delle Hudson. La versione aperta poi, amplifica il concetto di “streamline” cioè di auto che sembra essere tutt'uno col vento, con la velocità.
Come molte auto americane del periodo, la convertibile non è altro che una coupè hardtop senza il tetto, quindi il frontale, la coda e la fiancata sono del tutto simili alle versioni chiuse. Molto elegante anche l'interno dove spicca la plancia in metallo verniciato effetto legno, una soluzione molto in voga tra la fine degli anni '40 e i primi '50. Il cruscotto invece ha una grafica un po' complicata con due grandi quadranti circolari per tachimetro ed orologio mentre al centro trovano spazio il livello del carburante e la temperatura del refrigerante integrati da due spie per la dinamo e la pressione olio. Modernissimo è invece il disegno della radio integrata nella plancia, assai simile a quelle di venti-trent'anni dopo. Il nostro esemplare sfoggia anche alcuni accessori tipici del periodo come un vistoso “sun visor” appoggiato sul parabrezza, ruote a raggi Kelsey-Hayes, nonché il tipico faro supplementare brandeggiabile dal posto di guida. Completano l'interno il consueto volante Hudson in plastica colorata che richiama il resto della tappezzeria ed il comando del cambio Hydra Matic di derivazione General Motors.
Le convertibili sono le più rare tra le Hornet dato che si stimano circa 500 vetture; la nostra mantiene l'originale colorazione Newport Gray con interno Maroon (bordaux) ed è stata oggetto di un completo e meticoloso restauro presso uno dei più noti collezionisti e restauratori d'America, Russell Maas.
Qualche dato tecnico interessante:
Costruttore: Hudson Motor Car Company
Modello: Hornet H145 Six Convertible Brougham
Model year: 1951
Passo: 124” (3,15 m)
Lunghezza: 208” (5,28 m)
Larghezza: 77,63” (1,97 m)
Peso: 3.924 lbs (1.780 kg)
Motore: Hudson L-Head Six 308
Cilindrata: 308 c.i. (5.051 c.c.)
Potenza: 160 hp
Alimentazione: 2 Carburatori monocorpo Carter WA-1
Trazione: Posteriore
Sospensioni: Ant. Ruote indipendenti, bracci triangolari sovrapposti, ammortizzatori idraulici telescopici; Post. Assale rigido, balestre semiellittiche ammortizzatori idraulici telescopici
Freni: A tamburo sulle 4 ruote
Trasmissione: Automatica GM Dual Range Hydra Matic a 4 marce + r.m.
Pneumatici: 7,60-15