Scrivere delle auto dei miei genitori significa ripercorrere attraverso le vicende della mia famiglia venti anni di storia dalla ricostruzione post-bellica al boom economico e alla congiuntura che ne è seguita.
Fin da quando ero piccolissimo, sentivo parlare di una favolosa auto comprata da mio papà subito dopo la fine della guerra, e guidata dall'autista di famiglia. La "favolosa" autovettura era, in realtà, una più comune 1100 "musone" di prima della guerra acquistata usata. Nè, d'altra parte, sarebbe stato pssibile, allora, comprare auto nuove con le fabbriche ancora distrutte ed i trasporti e la rete stradale quasi inesistenti. E l'autista di famiglia, di cui sentivo parlare, altri non era che qualche amico disoccupato che si prestava ad accompagnarci, dal momento che mio papà non aveva più guidato da quando, giovanissimo, era rimasto gravemente ferito in un incidente in moto. Altro non saprei dire di quegli anni, dal momento che io ero ancora di là da venire, ma penso che mio padre abbia tratto grossi ed improvvisi vantaggi economici col commercio di stoffe e tessuti all'ingrosso negli anni difficili ma fervidi della ricostruzione. Ma, come spesso accade con i guadagni troppo veloci, altrettanto rapida fu la ricaduta, e già agli inizi dei Cinquanta l'attività fallì, e la mia famiglia si ritrovò senza soldi e con una valanga di debiti... L'auto, la casa e tutto il resto furono venduti, e con me di pochi mesi, mio fratello e mia sorella, i miei genitori lasciarono la nostra città natìa al Sud sull'Adriatico, ed emigrarono al Nord in quel di Milano. Com'era la grande metropoli lombarda al nostro arrivo nel 1952? Per certi aspetti forse peggiore di quanto sia oggi. C'erano quartieri come il Bottonuto, all'incirca dove ora ci sono la via Larga e la via Albricci, o il dedalo di viuzze dietro c.so Genova (la famigerata casba di p.ta Genova) dove al solo avvicinarsi venivi investito da un acre effluvio di urina e, alla sera, dovevi stare ben attento all'orologio e al portafogli, roba da far sembrare l'odierna via Padova una tranquilla strada da shopping di una utopica città modello...E intanto, in periferia, alla Comasina come a Quarto Oggiaro venivano ultimati quei quartieri che nel giro di pochi anni sarebbero diventati i nuovi simboli del degrado e del disagio cittadini. La forte immigrazione dal Sud al Nord poneva, allora come oggi, problemi di integrazione e non era difficile, nel cercare casa, trovare cartelli del tipo:"Non si affitta ai meridionali". C'erano poi coloro che, essendo di larghe vedute, affittavano anche ai meridionali un posto letto, ma ad ore, nel senso che se facevi il turno di notte, potevi usufruire per le ore diurne del letto che durante la notte era occupato da chi di giorno lavorava...Certo erano casi limiti, ma non infrequenti! Alla mia famiglia andò molto meglio, anche perchè non così indigente, e presto mio papà ebbe un lavoro ed un appartamento per la sua famiglia. Io, mio fratello e mia sorella, dormivamo tutti e tre in soggiorno, disponendo di una sola camera da letto dove dormivano mamma e papà. A questo periodo risalgono i miei primi ricordi, e dalle finestre di quell'appartamento iniziò il mio sguardo consapevole diretto al mondo. Tra le altre cose, presto imparai a riconoscere marche e modelli delle auto che dal sesto piano sembravano giocattolini... Una sera, tornando dal lavoro, mio papà portò un pieghevole illustrato con le fotografie della nuova Fiat, si chiamava 600; per giorni quelle immagini cullarono la nostra fantasia, ma quei fogli avevano la tenue consistenza del sogno, immagini erano ed immagini restarono... Ma, qualche anno dopo, nel '57, la svolta. Il nosto Paese alle soglie del cosiddetto "boom" o miracolo economico, le ferite della guerra ormai rimarginate, la fiducia in un futuro migliore largamente diffuso, per mio papà la prospettiva di un lavoro professionalmente più appagante e meglio rimunerato, però ancora al Sud, questa volta sul Tirreno, in una piccola città di non più di quindicimila abitanti. Le migliori condizioni economiche, unite al costo della vita sensibilmente più basso nella piccola cittadina del Sud, ci consentirono una nuova agiatezza; la scarso traffico di automobili, convinse mio padre, ultra cinquantenne, a rifare l'esame per la patente, e in breve una Fiat 600 nuova tutta bianca (ma presto il tetto fu colorato in blù: il fascino del bicolore!) sostava sotto casa nostra. Qualche anno dopo, esattamente nel '61, ormai in pieno boom economico, la 600 non bastava più ed in famiglia se ne discuteva la sostituzione. All'epoca, l'upgrade più naturale e seguìto era la 1100/103 magari nella versione "Lusso"(quella col simbolo della rondinella sulle pinne di coda). Ricordo bene la visita al Concessionario, un sabato pomeriggio, con la famiglia al completo. Cinque posti comodi, quatto porte per scendere e salire, e poi il cambio al volante come vedevo nei films sulle auto americane...ma il resposabile della Concessionaria raffreddò il nostro entusiasmo. In una piccola cittadina del Sud ci si conosce un po' tutti e questi si rivolse confidenzialmente a mio padre: "Ragioniere, ma lei ha proprio fretta di cambiare l'auto...perchè non aspetta qualche mese...è in arrivo la nuova Fiat 1300, un'auto tutta nuova!" E così dicendo, gli porse alcune immagini del nuovo modello in imminente uscita. Sembrava un transatlantico, lunga, larga, con quattro fari come le "americane", e dentro un cruscotto tutto imbottito come le auto di lusso! Aspettammo qualche mese, dopodichè fummo i primi possessori della cittadina, a cui fu consegnato il nuovo modello. In pieno boom economico, l'auto, anche di media cilindrata, non era più un sogno realizzabile da pochi, ed il nuovo modello suscitava l'interesse di molti che ci fermavano per strada per chiederci prestazioni, impressioni e consumi. Intanto, in tutta Italia, le immatricolazioni di auto nuove aumentavano vertiginosamente ed anche nei piccoli centri, il traffico cominciava a creare problemi, mio padre che guidava malvolentieri sempre più spesso cedeva il volante a mio fratello che nel frattempo aveva preso la patente. In pratica divenne lui l'autista di casa.
Poi, nel '62, di nuovo a Milano, a rincorrere i benefici del "miracolo economico", per una nuova offerta di lavoro, forse solo apparentemente, più vantaggiosa e prestigiosa. Ma alla fine del '63 il "boom" si è già sgonfiato, ed i politici e gli economisti già parlano di "congiuntura" o "congiuntura economica" e la parola piove come doccia fredda sull'entusiasmo consumistico degli italiani. Non è una vera e propria crisi economica, sta di fatto però che il ritmo delle immatricolazioni subisce un momentaneo rallentamento, e si cerca di stare più attenti ai consumi. In famiglia la 1300 viene sostituita da una 1100, anche se di casa Lancia, e a quel tempo la differenza si vedeva, eccome! Una Lancia Fulvia 2c berlina fu l'auto che sostituì la Fiat 1300 nel '64. Ma i tempi stavano davvero cambiando, e non solo dal punto di vista economico. Cambiava la società, cambiavano gli stili di vita, aumentavano le insofferenze ed anche le esigenze. Mio fratello, ormai giovanotto, usava l'auto quasi esclusivamente per le sue esigenze personali, mio padre non guidava più, ed io ormai alle soglie del Liceo, già andavo in giro ed anche in vacanza per conto mio. Tanto che, dopo pochi anni, non ricordo esattamente quando, la Fulvia berlina fu sostituita da una Fulvia coupè 2+2, un vero e proprio mito per mio fratello che divenne la sua compagna d'avventure, sostituita poi da un'altra a cinque marce che lo portò al matrimonio.
Nel frattempo avevo preso la patente anch'io,e, come prima auto mi toccò una Fiat 600 usatissima, non so di quale anno, ma...bianca col tetto blù come quella di famiglia di tanti anni prima...