La Lancia Beta Trevi mi è sempre piaciuta di più dell'Argenta.
Non che fosse una bellezza, intendiamoci, ma la maggiore compattezza della carrozzeria unita al fascino Lancia la rendono, ai miei occhi, più appetibile.
Senz'altro migliore, dal punto di vista estetico, della Beta a due volumi, la Trevi non aveva in sè nulla di particolarmente originale, nè tantomeno moderno, però riusciva ad essere abbastanza elegante, anche in virtù della carrozzeria priva di inutili orpelli.
Non mancavano soluzioni datate come i paraurti con parti superiori a lama cromata, la fascia satinata sullo spigolo del cofano posteriore, i cerchi dal disegno fin troppo semplice, frammiste ad altre che volevano essere moderne cadendo invece nel dubbio gusto, come le terze luci posteriori occluse da pannelli con motivo a griglie orizzontali o i cerchi in lega (optional) a disco di tipo areodinamico.
L'interno, poi, era sconcertante: la plancia monolitica tutta buchi finiva per essere apprezzabile nella sua unicità, di fronte a particolari senza dubbio infelici quali i sedili piatti con impunture trasversali, pensati più per una navicella spaziale che per una berlina di classe, e i pannelli delle porte più striminziti di quelli di una 126, integralmente rivestiti di moquettina nera e con gli appoggiagomiti appena accennati.
Alla strumentazione completa anche del superfluo e alla buona qualità delle finiture (ma l'ambiente era freddo e severo, lontano anni luce dal classico calore Lancia...) si contrapponevano grossolani errori di progettazione: i pulsanti dei vetri elettrici erano troppo arretrati sul tunnel centrale, i classici posacenere sostituiti da altri, piccoli e scomodissimi, collocati su ciascuna portiera (quello del pilota era un chiaro tentativo di dissuaderlo dal fumare alla guida!), le maniglie apriporta nascoste dalle fasce superiori dei pannelli delle portiere e introvabili...
La dotazione di serie era piuttosto scarsa in rapporto ai prezzi, per non dire povera sulla 1600, ma la lista degli optional era abbastanza fornita, e si potevano avere accessori prestigiosi come l'interno in pelle, l'aria condizionata, il tetto apribile, i fendinebbia e gli alzavetri elettrici posteriori.
Su strada la Beta Trevi manifestava un comportamento sincero e non deludeva in fatto di prestazioni grazie alla buona potenza dei motori (100 cv, 115 cv e 122 cv rispettivamente per la 1600, la 2000 e la 2000 i.e.): peccato che l'areodinamica sfavorevole determinasse velocità di punta solo discrete e consumi piuttosto alti.
Alla fine del 1982 arrivò la VX, che preferisco di gran lunga alle altre versioni per via della meccanica raffinata e dell'allestimento che, finalmente, alzava un pò il tono della vettura: trovo gradevoli e riusciti lo spoiler anteriore, che conferiva più compattezza e grinta al frontale, i cerchi in lega a otto razze della Beta Coupè e HPE, la selleria in lana firmata Ermenegildo Zegna, che grazie al suo calore riusciva a stemperare l'eccessiva serietà dell'abitacolo.
Della Beta Trevi, però, la mia beniamina è la seconda serie del 1983, che dimostrava un certo impegno della casa nel rilanciare la vettura, sottoponendola ad una mirata serie di lievi interventi, fortunatamente tutti riusciti: miracoli non se ne potevano fare, ma l'adozione su tutte le versioni dello spoiler anteriore e degli indicatori di direzione anteriori bianchi, l'eliminazione della brutta fascia posteriore satinata, il nuovo motivo a griglie verticali delle coperture delle terze luci laterali, la sostituzione dei vecchi cerchi in lega con quelli a otto razze (optional), la gamma di colori allargata a nuove tinte delicate ed eleganti migliorarono nettamente lo stile della Trevi (senza più il suffisso Beta) senza appesantirne la carrozzeria (anzi, paradossalmente, la snellirono non poco!).
Trovo ancora più apprezzabili i miglioramenti all'interno, dove sparirono gli assurdi sedili privi di qualsiasi capacità contenitiva in luogo di poltrone simili a quelle della Delta e della Prisma, mentre la misera pannelleria veniva completamente rinnovata, adottando un disegno più semplice ma elegante, con veri braccioli e ampio uso dello stesso tessuto della selleria.
A proposito di quest'ultima, mi piacciono molto i tessuti adottati, sia il panno quadrettato già della Prisma 1600 e della Delta GT, sia la solita e pregiata lana della VX, che riuscivano a mitigare la plasticosità fin quasi eccessiva della plancia e a dare ai passeggeri un souvenir di vecchie Lancia.
La dotazione di serie rimaneva scarsina, mentre tra gli optional, nonostante il debutto (era ora!) della chiusura centralizzata, si segnalavano grandi assenti quali i tergifari, il sedile di guida regolabile in altezza, i doppi retrovisori esterni regolabili e sbrinabili elettricamente, il computer di bordo, che erano presenti sulle più qualificate concorrenti.
Certo la Trevi era vecchiotta e ormai priva di appeal, però arrivò meno inproponibile dell'Argenta alla fine dei suoi giorni, sebbene un qualsiasi paragone con la successiva Thema appare evitabile per non essere irriverenti.