Le innovazioni introdotte con l'Aurelia hanno riempito diversi capitoli di storia sull'industria automobilistica di quel periodo... alcune scelte furono assolutamente audaci, come l'utilizzo del transaxle, ovvero gruppo cambio-differenziale in blocco al retrotreno, con i freni posteriori posizionati centralmente. Questa soluzione era in uso comune sulle auto da competizione degli anni '30 e permetteva, oltre ad una ottimale distribuzione dei pesi, la riduzione delle masse sospese al posteriore.
Lancia introduce questo schema costruttivo, per la prima volta su macchine di serie, con l'Aprilia.
Con l'Aurelia, lo stesso schema viene perfezionato e raggiunge livelli di eccellenza proprio con le B20 alleggerite per le gare sport e le mille miglia, le quali, non a caso, collezionano una serie impressionante di vittorie nonostante la potenza dei motori spesso inferiore alla concorrenza. La tenuta di strada delle B20 era emblematica (come del resto quella dell'Aprilia e della Lambda).
Lo stesso progetto del V6 nasce da un percorso molto avventuroso: i primi studi fatti dall'Ing. De Virgilio risalgono al 1943: la direzione tecnica Lancia è nascosta in un appartamento a Padova (i progettisti Lancia per i tedeschi erano merce preziosissima; Lancia dal 1939 era un fornitore importante per le lavorazioni di altissima precisione di MB e Auto Union). Nonostante tutte le difficoltà del caso, viene messo a punto un 6 cilindri a V di 45°, di circa 1600 cc denominato prototipo 538. Alla fine della guerra il prototipo viene istallato su di una Aprilia amaranto e collaudato personalmente da Gianni Lancia nei suoi viaggi da Torino all'università di Pisa. Gli studi successivi portano a sperimentare l'apertura del V a 60° che garantisce una migliore equilibratura e di fatto, nel 1949 viene deliberato il motore 1750 cc che equipaggia la B10.
A onor del vero a livello tecnico, il motore dell'Aurelia fa un piccolo passo indietro rispetto al passato, ovvero abbandona la distribuzione in testa per un sistema più classico ad aste e bilanceri, mentre l'Alfa 1900 inaugura la fortunata serie dei motori bialbero in testa
scusate la lungaggine