Colgo l'occasione da un intervento dell'ottimo alfatarlo sul confronto delle scuole costruttive Europa-Stati Uniti, per aprire un ampio e sereno dibattito. Premesso che secondo me è veramente indispensabile conoscere la produzione automobilistica di entrambe le sponde dell'oceano per avere un panorama completo delle soluzioni tecnologiche, fin dai primi numeri di Quattroruote negli anni 50-60 era presente una sezione dedicata alle "americane" dell'anno successivo proprio per mettere i lettori italiani a conoscenza dei progressi tecnologici.
... vorrei sapere da voi onestamente quanto fate nell'uso normale di media (contando quindi città, statale e autostrada)..
Chrysler New Yorker 292 c.i. (circa 6400, 325 cv SAE) del 1958 circa i 7 km/l
Ford Mustang 289 c.i. (circa 4700, 200 cv DIN) del 1969 circa i 6 km/l
Fiat 124 Spider 85 c.i. (circa 1400, 68 cv DIN) del 1969 circa i 7,5 km/l
Se il mio problema era il consumo delle auto storiche, avrei scelto come hobby il giardinaggio
Tornando al topic, facciamo un'altra dovuta premessa: freni cambio sterzo motori. L'evoluzione di queste componenti nelle auto europee è stata sempre condizionata da fattori ambientali (orografia del territorio) e economici (guerre, carenze di carburanti, tassazione). La necessità di avere auto in grado di affrontare viaggi su distanze pressochè infinite senza affaticare il conducente, unita ad una disponibilità pressochè illimitata di carburante han fatto sì che l'automobile assumesse dei connotati completamente diversi. Tuttavia, proprio la maggior disponibilità economica (sia dei costruttori che degli acquirenti stessi) e la presenza di organi dedicati alla sicurezza come la NHRA e successivamente la NHTSA, hanno fatto sì che le vetture fossero molto più avanzate delle corrispondenti europee sul piano del confort e della sicurezza.
Nel 1939 viene introdotto dalla GM il cambio automatico, e nello stesso anno la Packard propone l’aria condizionata sulle automobili private. Negli anni ‘50, in una spasmodica corsa all’innovazione vengono resi disponibili da diverse Case: L’Autronic Eye (spegnimento automatico degli abbaglianti per non disturbare le auto in arrivo, presentato sulla gamma BMW l’anno scorso…), il Cruise Control, il Twilight Sentinel (accensione automatica delle luci al tramonto, vanto della Renault Mègane di qualche anno fa), gli Swivel Seats (sedili girevoli, su molte concept cars di oggi), e molto meno evidenti ma fondamentali: le cinture di sicurezza, i servofreni, i volanti a calice, i piantoni collassabili. In piena era spaziale, ogni comando era servoassistito: dai sedili all’antenna, all’apertura del bagagliaio dal posto di guida. Inizialmente da motori elettrici, in seguito (per i compiti meno gravosi) dall’invisibile e silenziosa forza della depressione generata dall’aspirazione del motore e conservata in voluminosi canister sotto al cofano. Vogliamo parlare della strumentazione elettroluminescente sulle Chrysler del ’60 o sulle Dodge del 66? Ricordiamoci, tutto questo alla portata di “mr. Jeff the plumber”, il normale uomo della strada. Nel 1969 debutta nella gamma Dodge un faro poliellissoidale, il SuperLite predecessore yankee di una tecnologia sbandierata come tedesca e riproposta dalla BMW negli anni ’80. Anche innovazioni più banali ma di utilità incredibile sono nate in America: una su tutte il tergicristallo intermittente che oggi diamo per scontato su ogni vettura. Degno di nota anche il progetto Chrysler Turbine che coinvolse la Chrysler, la Ghia di Torino e 50 normali utenti e che di fatto offrì la prima (e unica) auto a turbina stradale della storia alimentabile con qualsiasi combustibile liquido, dal kerosene alla tequila. La stessa Fiat aveva aperto la strada con una 8V equipaggiata a turbina nel 1954, ma solo la Chrysler nel 63 raggiunse il necessario sviluppo tecnologico per la produzione di serie e con un'affidabilità incredibile.
Il settore delle granturismo, passata la supremazia prebellica tedesca, invece era saldamente in mano all'italia e all'Inghilterra con una prevalenza della prima per la molteplicità di costruttori soprattutto di motori. Anche le piccole auto raggiunsero il loro apice tecnico in italia e (in misura minore) in Germania. Solo la Citroen DS come citava alfatarlo, era in grado di competere come tecnologia, confort e sicurezza alla produzione americana, tuttavia i primi esemplari come è noto, erano un concentrato di problemi di affidabilità (il liquido delle sospensioni era corrosivo) e la stessa Citroen accumulò enormi perdite dovute ai costi di produzione di un'automobile tanto sofisticata, ripiegando in seguito sulla più semplice ID. Contrariamente a quanto si crede infine, ci fu una grande "contaminazione" tra i designer dell'epoca di qua e di là dell'Atlantico: Exner, Pininfarina, Ghia, Earl, Bertone lavoravano in realtà sui medesimi elementi stilistici, con una differenza: ancora una volta le grandi risorse economiche messe in campo dall'industria statunitense consentirono ai progettisti non solo di realizzare vetture da sogno, ma di metterle su strada, nelle vetrine dei concessionari. Privilegio che, appunto, fu negato a moltissime straordinarie realizzazioni dei carrozzieri di casa nostra.